La fine della prima stagione di Gonna Rock IULM Out non abbatte il nostro spirito Rock.
L’estate diventa quindi l’occasione ideale per fare il pieno di musica e ripartire a settembre. L’estate dopotutto è la stagione dei festival: I-Days, Milano Rocks, Pistoia Bluese. Poi il più storico, quello a cui i fan del Rock devono assistere almeno una volta nella vita, il Firenze Rocks.
Sul palco della Visarno Arena di Firenze sono capitati praticamente tutte le grandi Rock Star contemporanee. Quest’anno poi ha visto una selezione di artisti unici: dai Tools a Ed Sheeran, passando per Eddie Vedder e gli Smashing Pumpkins.
Lo ammetto. La mia permanenza nella città di Dante e Zeffirelli è stata troppo breve. Infatti ho potuto assistere solo all’ultima giornata del Festival e, per giunta, privata dei 2/3 di Gonna Rock IULM Out.
Firenze Rocks però non mi ha deluso. Innanzitutto posso dire di essere sopravvissuta alle quasi 50000 persone accorse sul luogo dell’evento, ai 35 gradi (un ringraziamento speciale ai ragazzi incaricati di innaffiare il parterre), nonchè alle camminate infinite e alle promesse di dannazione dell’anima di alcuni credenti un po’ troppo ferventi.
Soprattutto però sono riuscita ad ascoltare dal vivo la musica dei The Cure.
Come tutti gli avvenimenti più emozionanti, anche questo si è fatto attendere però. La band di Robert Smith era difatti headliner di quell’ultima giornata di Firenze Rocks.
Ascolta la playlist di Spotify di Gonna Rock IULM Out
Sum 41, la voce della nostra adolescenza a Firenze Rocks
Per vedere i The Cure abbiamo quindi dovuto aspettare il tramonto. L’attesa è stata però alleviata dalla musica dei livornesi Siberia, dei Baltazhar, degli Editors e infine dei Sum 41.
I Sum 41, proprio quel gruppo che a colpi di Into Deep e Still Waiting ha animato la nostra adolescenza Punk e ribelle. E perchè no? Anche un po’ i sogni romantici di qualcuno di noi con With Me e la storia d’amore del frontman, Deryck Whibley, con Avrile Lavigne.
Concentrandoci sulla musica e abbandonando, solo momentaneamente, i deliri da quindicenni, il concerto dei Sum è stato davvero esplosivo.
Spaziando tra i pezzi più amati e i brani del nuovo album imminente, la band canadese ha messo in scena una performance musicale ineccepibile. Ciliegina sulla torta le cover in chiave Punk di Another Brick in the Wall dei Pink Floyd e di We Will Rock You dei Queen.
La luna sorge e arrivano i The Cure
Il momento più speciale del mio Firenze Rocks è però giunto alle 21.00. Al crepuscolo.
In fila indiana salgono sul palco i The Cure. Robert Smith è in coda. La prima impressione è abbastanza disturbante. Sembra di vedere la caduta di un idolo. Un uomo di sessant’anni appesantito, con i capelli nerissimi sparati e l’eye liner sbavato.
Poi però attacca il fraseggio di Shake Dog Shake ed è subito magia.
Sono stati spesi i canonici ed entusiastici fiumi d’inchiostro su questo concerto che ha ripercorso senza nei quarant’anni della musica dei The Cure.
Non vorrei ripetermi raccontando del boato che ha attraversato Firenze al Show me, show me show me di Just Like Heaven. Oppure delle atmosfere paradisiache toccate dall’intro di Pictures of you e dal ritmo avvolgente del battito di mani collettivo di In a Forest.
Preferisco non addentrarmi tra le mie stonature sui ritornelli di Friday I’m in love o Close to me. Già risentire i video che le testimoniano è abbastanza imbarazzante.
Dico solo che quella sera alla Visarno Arena ho capito la pregnanza della vera arte di una Rock Band. Ciò non è dipeso dalla voce praticamente immutata di Roberth Smith, dall’energia del bassista Simon Gallup o dalla capacità che i testi dei The Cure hanno ancora di raccontare chi li ascolta.
Me ne sono accorta immediatamente dopo l’ultima nota di Boys don’t cry, quando ha farla da padrona era già la malinconia di quello che era appena successo.