Dexter Fletcher è tornato dietro la macchina da presa, con un altro biopic, dopo il successo (meritato?) ottenuto con Bohemian Rhapsody.
L’attore, prima che regista, questa volta gira un film su una figura versatile, trasgressiva, esagerata, bulimica (come lo stesso protagonista si definisce) ed estremamente brillante, in tutti i sensi: Elton John.
Partendo dalla struttura di riabilitazione, dove andò per guarire da varie dipendenze, la figura di Elton, interpretata daTaron Egerton (passato alla ribalta negli ultimi anni grazie ai due film della saga dei Kingsman, di Matthew Vaughn) racconta, in una seduta di gruppo, della sua vita. Ripercorrendo le tappe più importanti, anche quelle più dolorose.
La vita del RocketMan
Timido, impacciato come molti altri, era un bambino afflitto da un difficile rapporto con i propri genitori, specialmente con il padre. E’ con la musica che riesce ad andare avanti, grazie alla sua predisposizione, e a trovare uno scopo. Anche grazie alla nonna, che gli permette di coltivare il suo talento accompagnandolo alla Royal Academy of Music di Londra.
Da questa partenza, il film ci mostra poi la sua crescita, sia personale che artistica, e gli incontri con le persone importanti della sua vita privata e professionale.
Ad esempio Bernie Taupin, suo storico nonchè attuale collaboratore nella scrittura delle canzoni, interpretato da Jamie Bell. Oppure John Reid, il suo primo procuratore, interpretato da Richard Madden, con cui ebbe una relazione piuttosto tumultuosa, a causa degli anni in cui si svolgeva e non solo.
Biopic e musical
Dexter Fletcher, però, pur tornando al biopic, si discosta, almeno in parte, da Bohemian Rhapsody, per il quale era entrato anche a produzione in corso, al posto di Bryan Singer.
Si, ci sono molte delle canzoni storiche del cantante, da Crocodile Rock a Tiny dancer, fino a Rocket man, da cui il film prende il titolo. E sì, alcune semplificazioni simili allo stile con cui era stata raccontata la storia di Mercury e dei Queen tornano.
Ma, innanzitutto, egli si mostra sicuramente più coraggioso, con una struttura narrativa molto più simile a quella del musical, richiamato spessissimo, utilizzando le grandi canzoni del cantante non solo “sul palcoscenico” ma anche come filo conduttore delle varie parti in cui si racconta la vita di Reginald Dwight (questo il suo vero nome). In alcune scene lasciandosi andare addirittura al fantastico, cambiando per molti aspetti registro.
Si mostra, rispetto al lavoro su Bohemian Rhapsody, sicuramente più genuino e sincero, patinato e sfrenato senza strabordare, guardando ad Elton John come l’artista incredibile che è stato ed è tutt’oggi. Ma allo stesso tempo come un uomo con i difetti e i problemi di tanti altri. Un misto tra mito e realtà.
Memorabile la scena finale, segno dell’uscita dalla riabilitazione e della rinascita dell’artista, che ha come base il singolo cult del cantante, I’m still standing, del 1983. Riproducendo fedelmente la famosa videoclip della canzone, con un Taron Egerton che, da fan di lunga data del cantante, riesce a impersonarlo al meglio, cantando inoltre tutti i singoli testi personalmente. E richiede una menzione d’onore anche il lavoro di Julian Day, famoso costumista che, con i circa 100 vestiti creati solo per Egerton, non si è solo limitato alla riproduzione dei costumi utilizzati realmente dal cantante, creandone anche di nuovi, ancor più sgargianti, brillanti ed esagerati. In pieno stile Elton John.
Il film, di cui anche quest’ultimo è produttore, è stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes conclusosi pochi giorni fa.
Adesso al cinema.