Il dolore, guardando già dal titolo, è uno dei protagonisti del nuovo film del regista Pedro Almodòvar.
Egli può essere considerato tra i registi spagnoli più famosi della storia del cinema, insieme ad esempio a Luis Bunuel. E’ stato vincitore, tra i vari riconoscimenti, del premio Oscar al miglior film straniero nel 2000 con Tutto su mia madre.
Il dolore di Salvador Mallo
Quello rappresentato in questo suo nuovo lavoro è un dolore intrinseco, fisico, viscerale, ma anche sentimentale, causato dalla memoria di tempi e persone andate. Tutto portato in scena dal pupillo per eccellenza del regista, Antonio Banderas, al suo ottavo film con il regista.
Nella storia si chiama Salvador Mallo, ed è un regista sulla sessantina che vive uno dei periodi più bui della sua vita: da pochi anni è venuta a mancargli la madre, la figura che più di tutte gli è stato vicino e che ricorda con il senso di colpa, per non aver esaudito il suo ultimo desiderio.
Inoltre, a causa di altri problemi personali, non riesce più a dedicarsi alla scrittura e alla regia. Ed è così che attraverso i ricordi viaggia, soffre, e finisce per incontrare di nuovo, anche nella realtà, chi aveva perso di vista da tanto tempo.
Un film a cuore aperto del regista, in parte su se stesso, in cui costruisce il personaggio di un uomo nel periodo della sua completa maturità, tra rancori, dubbi e nuovi inizi.
Ed è considerato dallo stesso Pedro Almodòvar come il finale di un trittico incominciato con La legge del desiderio, del 1987, e La mala educaciòn, del 2004.
Banderas, Mastroianni e Loren
Un personaggio, quello di Banderas, che non può non ricordare quello di Marcello Mastroianni in 8 e 1/2 di Federico Fellini: un regista fragile, in piena crisi esistenziale e artistica, che sta invecchiando. Non è un caso che nell’appartamento di uno dei personaggi si veda un poster del film italiano del ’63.
E al rimando a Mastroianni si affianca quello a Sophia Loren, con l’attrice Penelope Cruz, anche lei musa del regista (al sesto film con lui), che interpreta la madre di Salvador da giovane.
Lei ha un ruolo molto meta-cinematografico, anche se non sembrerebbe per gran parte del film. Recita la parte di una mamma affettuosa, che lotta e lavora per prendersi cura di suo figlio e dargli l’opportunità di avere un’istruzione.
Un’autobiografia romanzata (auto-fiction, come dice lo stesso personaggio intepretato da Banderas nel film), con uno stile sobrio ed essenziale, che accarezza il vissuto del regista, portandolo da una parte nell’oscurità dell’appartamento di Madrid, dove il personaggio di Banderas vive da solo.
Dall’altra, infine, verso casa, intesa non tanto come luogo, ma piuttosto come condizione in cui il protagonista fa pace con i fantasmi del suo passato. Per tornare a dedicarsi a ciò per cui è nato, e che, come Pedro Almodòvar, sa fare meglio: cinema.
In corsa per la Palma d’oro al Festival di Cannes di questi giorni, adesso al cinema.