Nel terzo ed ultimo appuntamento del ciclo dedicato al tema del “Denaro“, coordinato dal professor Mauro Ceruti, l’antropologo Marino Niola ci ha raccontato diversi aneddoti riguardo ai numerosi significati dell’oro.
Il significato del termine “moneta” deriva dal verbo latino moneo (avvertire), che presagisce un atteggiamento di prudenza e precauzione verso il denaro e l’oro.
Dall’etimologia del termine “brillare”, ovvero berillo (nome di una splendida pietra preziosa), comprendiamo come questa parola sia strettamente legata alla ricchezza, alla regalità, e volendo spaziare, all’oro stesso.
Miti e culture dell’oro
“Quasi tutte le civiltà, nei diversi secoli, hanno avuto un’età dell’oro”. Basti pensare al mito dell’El Dorado, a Re Mira, o semplicemente all’anello di Gige. Quest’ultimo è narrato da Platone nella “Repubblica”, in cui il filosofo attribuisce all’oro valore di incorruttibilità tramite le parole di Glaucone. Per Platone l’oro è “epitome del male, ologramma del desiderio e della colpa”.
In altre culture, come quella cinese, l’oro aveva scopi curativi. Per gli indiani rappresentava invece la materializzazione dell’eternità. In Egitto i corpi deceduti dei faraoni venivano interamente ricoperti d’oro, che rappresentava “la stessa sostanza riflessa dalla luna”.
La tradizione del mito legata all’oro è ricchissima. È riconducibile a divinità come il dio Buddha, ma anche a re e imperatori. Non possiamo non ricordare il re sole, Luigi XIV, il quale indossava una maschera d’oro a forma di sole radioso.
La letteratura e l’oro
Anche nella storia della letteratura la luce e lo splendore hanno diversi valori. Si pensi alla luna leopardiana, che nella poesia “Alla Luna” è simbolo di visione notturna. Lo stesso Dante nomina Beatrice posseditrice del dono della visione e dell’illuminazione.
Nel Faust di Goethe, Mefistofile crea la carta moneta durante un’orgia all’insegna della cupidigia, associandola all’avidità e alla bramosia sfrenata. Inoltre Goethe sottolinea la duplice valenza del colore giallo, che può indicare lo splendore, ma al tempo stesso il sudiciume dello zolfo.
Nella nostra società
Oggi, nell’ “impero del denaro“, siamo lontani da queste antiche rappresentazioni. Il denaro assume principalmente il ruolo di oggetto maledetto, diabolico. L’oro non viene più vissuto quotidianamente e si teme di perdere questa simbologia relativa al “berillo”.
Viviamo una disincarnazione del valore in generale. Da vent’anni siamo infatti risucchiati da una continua accelerazione che ci porta a smaterializzare ogni cosa, anche il denaro. Ma il fascino dell’oro ritorna sempre in momenti di crisi. D’altronde lo stesso termine “fascino” deriva dal latino fascinum, che significa sia “incantesimo” sia “calunnia”.