Dopo il suo primo lungometraggio, Shelley del 2016, il regista iraniano Ali Abbasi torna con il film Grans.
Questo è il titolo originale del film, ma anche del racconto da cui prende ispirazione, di John Ajvide Linqvist, scrittore svedese che ha contribuito anche alla sceneggiatura.
La trama
La storia narra di Tina (interpretata da Eva Melander), che lavora alla dogana portuale di Kapellskar, in Svezia. La sua particolarità? Riesce, letteralmente, ad annusare e capire quando una persona nasconde qualcosa. Riesce a sentire la paura che gli altri provano, il timore di essere scoperti, le loro cattive intenzioni. E questo la rende imbattibile nel suo lavoro.
Questo finchè, un giorno, alla dogana passa un individuo strano, molto simile a lei, con un odore sconosciuto. Tina lo ferma, senza trovare però nulla nella sua borsa, e lo lascia andare. Ma niente sarà più come prima.
Egli, che di nome fa Vore (interpretato da Eero Milonoff), continuerà a presentarsi nella vita della protagonista e, con il passare del tempo, lei si renderà conto di come sia legata a Vore più di quanto immagini.
Entrambi hanno un aspetto inconsueto e sembrano accomunati da una storia diversa dagli altri, per l’aspetto, sì, ma soprattutto per le loro origini.
Tina vive con un uomo all’interno di una casa in una foresta. I due, pur convivendo, non hanno rapporti, per motivi che il regista non spiega da subito. Ogni tanto, Tina va a trovare il padre in una casa di riposo.
Ha vissuto tutta la sua vita nell’esclusione e nella vergogna per la sua diversità, ma grazie a Vore, scoprirà la sua vera natura, ciò di cui da piccola è stata privata. Troverà, anche, le risposte a domande che l’avevano assillata da sempre, scoprendo di essere altro rispetto a un comune essere umano. Non è un caso che la sua attività preferita sia camminare a piedi nudi nel bosco, che i cani diventino nervosi al suo passaggio e che tema i fulmini più del normale.
Il concetto di confine
Il film si basa proprio sul concetto di confine, di limite, citando il titolo, come anche sulla perdita di questo confine, dove l’ambiente naturale e quello domestico s’incontrano. Un limite che si mostra sotto vari aspetti quindi, ma che, con Vore, Tina sembra superare, scoprendo la vera se stessa.
Un film che parla anche di creature mitologiche, rese esteticamente da un grande lavoro nel reparto make-up della produzione del film. Inoltre, lo stile crudo del regista ci porta a riflettere, con personaggi e ambientazioni affascinanti quanto animalesche, come possa essere forte l’adattamento all’ambiente nel farci dimenticare chi realmente siamo, e come l’attraversamento di questo “confine” psicologico può farci scoprire la nostra vera natura. E la vera natura di chi credevamo di conoscere.
E’ stato presentato (vincendo) nella categoria Un certain regarde all’ultimo festival di Cannes, come anche al Noir in Festival della nostra università IULM a inizio dicembre scorso.
Adesso al cinema.