Si è tenuta ieri in IULM la prima di una serie di masterclass, curate dal professor Mario Ceruti, sul tema del “Denaro” con ospite il Direttore Generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi.
Denaro è la parola dell’anno, lanciata dal rettore Gianni Canova.
“Che cos’è il denaro?”
Una domanda antica quanto mai scontata. Il denaro, quello che tutti pratichiamo, non è un invenzione tecnologica, ma puramente mentale (come dice lo storico israeliano Yuval Harari).
Una svolta che permise all’uomo di uscire dalla schiavitù del presente e di pensare e progettare il futuro. Ma l’origine del denaro è tutt’oggi oggetto di dibattito, “una giungla intellettuale”, su cui si inseguono scuole di pensiero differenti.
C’è chi sostiene, come Harari, una nascita preistorica del denaro e ritiene che non sia comparso per la prima volta in un determinato luogo, ma simultaneamente in luoghi differenti. Contrariamente, c’è chi suppone una nascita dall’alto della moneta, per imposizione da parte di sovrani che volevano superare il baratto e la logica dell’autoconsumo.
È facile supporre che i primi cavernicoli si resero conto del valore antico del credito. Capitava che dovessero offrire il loro avanzo di raccolto a vicini poco fortunati per riottenerlo in futuro. Diventavano, così, creditori.
Dunque, una delle pratiche più antiche della finanza moderna nasce pensando al bene collettivo e sociale del prestito sulla vita di una comunità. Tuttavia, il concetto di “denaro” è stato nel tempo accostato all’immagine di potenti usurai, a un sistema bancario che tende ad ingrassare con la complicità e il malcostume di governanti servili mentre il popolo non può far altro che subire.
Il pregiudizio è vivo anche oggi. “Non daremo un centesimo alle banche”, “non salveremo le banche coi soldi dei risparmiatori”, “non permetteremo alle banche di lucrare sulla vita dei cittadini” – tutte frasi che conosciamo bene e sulle quali in molti hanno costruito il proprio consenso, salvo poi doversi accorgere che le banche sono fatte da cittadini: creditori e debitori che siano.
“Perchè ce l’abbiamo tanto con le banche?”
Dunque “Perché ce l’abbiamo tanto con le banche?” si interroga Rossi: “perché le banche intermediano tra due categorie di soggetti entrambi meritori che hanno interessi in conflitto obbiettivo. Chi risparmia vuole tassi alti e sicurezze maggiori, chi prende in prestito vuole pagare un interesse basso e dare poche informazioni sui propri conti. Chi intermedia si piglia botte dagli uni e dagli altri”.
Dalla preistoria del denaro arriviamo al tempo del denaro fiduciario, a una banconota che non ha valore intrinseco, ma un dato dalla fiducia collettiva. Il denaro fiduciario si è fatto strada nell’800, quando nascono le banconote (un pezzo di carta fiduciario utilizzato ancora da pochi).
Basti pensare che in Italia, nel 1861, i cittadini utilizzavano ancora banconote soltanto per l’1% del valore complessivo del denaro in circolazione. Le banche centrali nascono per produrre denaro fiduciario. L’idea fondamentale è che la massa di soldi totale in circolazione sia in linea con ciò che si produce e si scambia dell’economia e questa corrispondenza non può che essere assicurata da un soggetto pubblico e indipendente.
L’inflazione e la deflazione sono pericoli da cui i governi e l’economia deve guardarsi. Ma se i governi sono tendenzialmente inflazionisti, le banche centrali indipendenti rappresentano una garanzia.
Oggi e domani
Pensando al futuro e al presente del termine denaro, la nostra domanda di partenza incontra l’accelerarsi del progresso tecnologico e digitale. I Bitcoin, valute alternative, sono effetti di una tecnologia – la blockchain – che cerca in maniera visionaria di fare a meno di intermediari.
Le valute virtuali sono state spazzate vie, perché delle tre funzioni della moneta svolgono solo quella di riserva di valore, mentre la tecnologia Blochain è tutt’ora oggetto di studio.
La tecnologia sta trasformando il denaro anche se gli usi e le abitudini che abbiamo non rispondono con la stessa velocità ai progressi in atto. Partiti dalla preistoria, siamo arrivati al presente e futuro del “denaro” anche se, per concludere con le parole di Salvatore Rossi: “Che cosa sia esattamente il denaro ancora oggi ci sfugge, in parte”.