Qualcuno sa per caso quanti minuti mancano a Natale? Nessuno? Ottimo, posso dirvelo io: al 25 dicembre mancano appena 97 minuti.
Anticipo i malpensanti dicendo che non sono pazzo (non ancora), né ubriaco. Ho solo trascorso un freddo martedì sera al Teatro Nuovo di San Babila insieme alla Compagnia dell’Alba e al loro nuovo musical A Christmas Carol.
È un’opera troppo spesso considerata un ricettacolo di cliché, che ora rinasce a vita nuova grazie a una compagnia ai più sconosciuta in uno spettacolo che regala al pubblico pagante una riflessione sempre attuale sul Natale. Già che il rischio di cadere nel limbo delle frasi fatte è sempre dietro… l’albero.
A San Babila è impossibile non soffermarsi su una platea numerosa e avanti con gli anni. Per gli habitué è la regola, certo, ma per i giovani avventori certamente un trauma, in un settore del mondo dello spettacolo che ha sempre maggiori difficoltà a allacciare un solido rapporto con gli under 40.
Di teatro, oltre che di A Christmas Carol, abbiamo dunque discusso con Gabriele De Guglielmo: direttore musicale dello spettacolo, che opera da anni con artisti tra i più giovani del panorama teatrale. Un’ottima opportunità, insomma, per discutere della crisi del teatro nel tentativo di raggiungere un pubblico tutt’altro che adulto.
Nell’intervista, realizzata per Il Quarto piano (giù il podcast da ascoltare), De Guglielmo ha riflettuto sull’empasse che affronta un medium non più percepito come centrale. Con l’augurio che A Christmas Carol possa segnare un’eccezione.
L’intervista a Gabriele De Guglielmo, direttore artistico A Christmas Carol
[Di seguito un estratto testuale dell’intervista]
De Guglielmo, perchè il teatro, sia come luogo che come forma artistica, sembra esclusiva di una piuttosto ristretta cerchia di assidui frequentatori non-giovani? A tuo parere cos’è che fa battere in ritirata i ragazzi?
L’abitudine. O meglio, la scarsa abitudine. I giovani non crescono culturalmente con una chance di conoscere il mondo del teatro. La totale assenza nelle scuole dello studio della materia, la rende una chimera sconosciuta nell’universo ampio delle arti. I giovani tastano con mano la pittura, la scultura, il cinema, il ballo, il canto, ma mai il teatro . Considerato nell’immaginario collettivo come incomprensibile e altamente elitario. La totale assenza di uno studio, rende gli spettatori più giovani asettici ai messaggi teatrali.
L’abitudine. O meglio, la scarsa abitudine. I giovani non crescono culturalmente con una chance di conoscere il mondo del teatro. La totale assenza nelle scuole dello studio della materia, la rende una chimera sconosciuta nell’universo ampio delle arti. I giovani tastano con mano la pittura, la scultura, il cinema, il ballo, il canto, ma mai il teatro . Considerato nell’immaginario collettivo come incomprensibile e altamente elitario. La totale assenza di uno studio, rende gli spettatori più giovani asettici ai messaggi teatrali.
Le scuole annaspano, su queste attività. Faticano anche ad attrarre finanziamenti per promuovere cultura, soprattutto se si parla di teatro.
Succede perché le aziende ne capiscono ancora meno delle scuole. Un direttore di azienda non ha alcun interesse nell’associare il proprio nome ad un’opera teatrale, dato che non avrebbe nessun riscontro in termini economici o sociali, vista la scarsità di attenzione sul genere.
Eppure la Compagnia dell’Alba ha ragazzi e ragazze anche molto preparati sul piano tecnico, della performance.
E questo, non per fare pubblicità, è la dimostrazione che accompagnare i ragazzi negli anni scolastici proponendo opere studiate ad hoc per quello che vivono li fa comprendere cosa sia realmente il teatro. Certo, non tutti decidono poi di intraprendere il lavoro di attore teatrale o performer, come è normale che sia, ma tutti sviluppano una passione o comunque un’attenzione su ciò che è il mondo del teatro.