Venerdì 9 novembre in sala dei 146 si è tenuto “Gender play”, un incontro sulla rappresentazione del genere nei videogiochi. Coordinato da Gemma Fantacci, ex studentessa del master in Game design dell’università IULM, ha visto la partecipazione di tre ricercatrici del settore: Dalila Forni (UNIFI), Ilaria Mariani (POLIMI) e Fabrizia Malgieri (IULM).
Storicamente il mondo dei videogiochi è vittima di una sorta di machismo che ha sempre escluso dall’immaginario collettivo la donna come giocatrice, game designer e addirittura personaggio a tutto tondo.
Ma siamo ancora in questa situazione? Come si sono evoluti i personaggi femminili nella breve storia del videogioco? Lo abbiamo chiesto a Fabrizia Malgieri in un’intervista. Ecco la sua risposta:
Insomma, la storia dei personaggi femminili parte con due stereotipi: quello della “principessa da salvare”, come la principessa Peach di Super Mario, e quello del “corpo in movimento”, come la prima Lara Croft.
In realtà, però, non è stata solo colpa del fantomatico machismo videoludico se per anni la donna veniva rappresentata così. La povertà di mezzi, di capacità e di tecnica nei primi anni del videogioco obbligavano gli sviluppatori a doversi appellare agli stereotipi: non c’era tempo di raccontare.
Infatti, più la storia è andata avanti, più siamo arrivati ad avere personaggi sfaccettati e a tutto tondo. Pensiamo ad Aloy, protagonista di Horizon Zero Dawn: guerriera audace e coraggiosa che non è per nulla sessualizzata o stereotipata.
In quel gioco ci sono altri esempi di come rompere gli stereotipi sia possibile e crei delle narrazioni inedite. Ciò che conta, però, è saper sempre contestualizzare queste storie affinché i personaggi non sembrino posticci, quasi come un contentino all’universo femminile.
Come ha ben detto Dalila Forni, ora “la protagonista non deve più rappresentare tutto il genere femminile”. Questa è la chiave, uscire dallo stereotipo.
Ma il resto? Abbiamo visto i personaggi, ma le videogiocatrici? Le cosplayer? Le streamer? Le pro-gamer?
Lo scenario questa volta è più complesso. Secondo una ricerca condotta anche da Ilaria Mariani, le donne sono circa il 44% dei player, tendono a giocare per brevi sessioni, ma lo fanno o sole o in compagnia di altre ragazze. I maschi raramente vogliono giocarci assieme.
Essere una video giocatrice oggi è complicato perché serpeggia ancora innegabilmente una sorta di cecità di fronte a loro. Una cecità che porta alcune ragazze a creare modelli come la #GamerGirl che più che giocare si mette in mostra. Una cecità che le relega al mondo del cosplay e che le vede totalmente assenti dalla scena competitiva (eccetto forse una o due eccezioni).
Insomma, c’è ancora molto da fare e, se abbiamo smosso le acque all’interno dei giochi, ora bisogna farlo anche attorno ad essi. Le ragazze giocano, giocano tanto e vogliono essere libere di farlo senza preoccupazioni. Vogliono entrare a pieno titolo nel mondo del gaming.
“Welcome to the real world” (cit. Max Caulfield – “Life is strange”)
Per saperne di più ascolta sotto il podcast con l’intervista completa.