La Repubblica dell’indigesto. Ascolta il prof. Ivan Berni, ospite a Zizzania

La libera stampa è un’ossessione condivisa tra tutti i governi freschi di nomina. A Zizzania, a pensar male, ci si accorge però che in Italia sta succedendo qualcosa di diverso.
Sembra infatti di vivere ne La Repubblica dell’indigesto, leggendo degli attacchi serrati ad un quotidiano in particolare: quello fondato nel 1976, profondo innovatore delle edicole dai tempi della Democrazia Cristiana a quelli del Movimento 5 Stelle.

E per cui ha scritto anche il prof. Ivan Berni, oggi coordinatore didattico del master in giornalismo dell’Università IULM. Ospite nell’irriverente talk di informazione (giù il podcast da ascoltare), il giornalista milanese ha commentato gli sviluppi recenti delle polemiche tra il giornale diretto da Mario Calabresi ed il governo gialloverde. Nei tempi in cui la fisiologica voglia di fermare i giornali si trasforma in intimidazione e gazzara. Suggerendo che è forse il caso di interrogarsi su quale futuro bisogna auspicare per l’informazione professionale. Valutando fattori di rischio più o meno visibili, dai giganti del web a chi, dentro i quotidiani, sembra fare il tifo perché scompaiano.

Zizzania, La Repubblica dell’indigesto

Di seguito un estratto dell’intervista al prof. Ivan Berni

Riascolta le puntate e segui le attività di Zizzania al link https://www.radioiulm.it/album/zizzania/

Prof. Berni, tutti i governi freschi di nomina attaccano i giornali. Perchè questo prende particolarmente di mira una testata, La Repubblica?

La Repubblica fin dalla sua fondazione, nel 1976, ha costretto l’informazione sulla carta stampata a seguire le sue orme. E fin dal principio è stato un quotidiano con un’impostazione politico culturale di sinistra. Nella sua lunga storia ha avuto diverse fasi in cui è stato fieramente all’opposizione, in particolare nell’era berlusconiana.
In questa fase è indubitabilmente il quotidiano più fastidioso per il governo attuale. Ma possiamo fare delle differenze. Mentre Salvini prende le sue critiche, ironizza, risponde ma non invoca la soppressione di Repubblica, l’altro suo socio, Luigi Maio, si augura addirittura che questo quotidiano sparisca dalla circolazione.

“Per fortuna ci siamo vaccinati anni fa dalle bufale dei giornali e lo stanno facendo anche tanti cittadini” afferma Luigi Di Maio “ed è proprio per questo che tanti giornali stanno morendo”. Lei se n’è accorto, per caso?

Che ci sia un calo di diffusione dei giornali cartacei è sotto gli occhi di tutti. E riguarda tutti i quotidiani d’Italia, non solo quelli del Gruppo GEDI. Così come riguarda l’Europa e perfino gli Stati Uniti. Francamente la tesi di Di Maio per cui Repubblica perderebbe copie in quanto troppo polemico con M5S, propagando fake news, non ha a che fare con la ragione reale per cui i quotidiani cartacei perdono copie. Questa ragione è che oramai ci si informa in un modo molto diverso rispetto al passato.

Ma in fin dei conti, senza la Repubblica, il governo cosa avrebbe da fare? Non dettano loro l’agenda dei giornali, prendendosela con i nemici di turno?

In qualche modo è uno sport tipico di chi sta al governo, prendersela con la stampa non amica. Diverso è non riconoscere la legittimità della critica della stampa. Poi però per diversi casi è impossibile tacere. Quando un ministro dei Trasporti che parla del tunnel del Brennero come se esistesse già, quando i cantieri per la sua costruzione sono appena stati aperti come si fa a non parlarne? 

Sul Blog delle Stelle esce un articolo, non firmato, che titola Aboliamo l’Ordine dei Giornalisti. A che serve? Sembra quasi un’intimidazione.

Siamo di fronte ad un attacco gratuito, perché, illudersi che abolendo l’Ordine dei Giornalisti scompaia il giornalismo professionale è un errore spaventoso. Siamo l’unico Paese ad avere un OdG. Altrove non esiste, ma la stampa c’è e i giornalisti ci sono ugualmente.
Tuttavia, l’OdG ha ancora due funzioni importanti. La prima è la formazione, e qui in IULM noi abbiamo un Master in Giornalismo riconosciuto dall’Ordine. La seconda è quella che, attraverso i Consigli di Disciplina, deve esprimersi verso le violazioni deontologiche. E questo si che dovrebbe stare a cuore anche al governo.

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