The killing of a sacred deer. E’ questo il titolo originale sotto cui torna in sala il regista greco Yorgos Lanthimos, di nuovo insieme all’attore irlandese Colin Farrell, a riformare la stessa coppia di The Lobster (2015).
Presentato al festival di Cannes dello scorso anno, nel quale peraltro ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura – scritta da Efthymis Filippou e dallo stesso Lanthimos – il film vede Farrell nei panni di un chirurgo cardiotoracico e capo di una famiglia stabilita a Cincinnati. Da lì fa pian piano amicizia con Martin, un sedicenne affetto da problemi psicologici ed interpretato da Barry Keoghan, apparso di recente anche in Dunkirk di Christopher Nolan.
Il ragazzo ha perso da poco il padre, e Steven (Farrell) inizialmente si sostituisce al genitore, regalandogli un orologio e trascorrendo del tempo con lui. Fino a presentarlo alla sua famiglia, con sua moglie Anna, interpretata da Nicole Kidman ed i suoi figli, Kim e Bob, interpretati da Raffey Cassidy e Sunny Suljic.
Dopo averlo conosciuto, i due coniugi parleranno di quanto Martin sembri un bravo ragazzo e di quanto stia già simpatico ai loro figli, tra i quali Kim che se ne invaghisce fin da subito. Il tutto senza sapere che il motivo per cui Martin si trova lì è qualcosa di premeditato. Qualcosa con cui lo stesso Steven, insieme alla sua famiglia, dovrà fare presto i conti.
Il film uscirà nelle nostre sale giovedì 28 giugno, e nello stile di Lanthimos, oltre alla volontà di incutere disagio e turbamento nello spettatore, particolarmente evidente è l’omaggio all’arte di grandi registi, viventi e non. Riecheggiano, non a caso, alcune delle atmosfere predilette da Stanley Kubrick e David Lynch, tra situazioni ai limiti dell’assurdo ed ambientazioni macabre. Mentre popolano lo schermo personaggi devastati da violenza inaudita. Fisica quanto psicologica.