Rivoluzione Spotify. Come lo streaming ha cambiato la concezione del Rap in Italia

Quindi il rap non è una moda? Dovrebbe essere stata questa la reazione più prevedibile dei produttori discografici italiani, a guardare le statistiche degli ascolti su Spotify. Un boom, quello della scena urban sulla piattaforma più in voga per l’ascolto mobile, che ha consacrato un genere fin troppo sottovalutato. Dall’opinione pubblica italiana quanto dall’ecosistema della produzione musicale.

La tecnologia dello streaming è però riuscita nell’intento di mostrare cosa veramente ascoltano i giovani italiani, allargando il bacino dell’utenza anche a coloro che non hanno le possibilità economiche di comprare assiduamente cd o vinili, necessari per rimanere informati, in modo più profondo rispetto al flusso dell’informazione generalista,  sulle evoluzioni che investono la scena. Uno strumento, quello adesso presente tra le icone app di praticamente tutti i cellulari, etereo quanto capace di chiudere di colpo l’era YouTube. Garantendo qualità e – soprattutto . la totalità dei brani presenti in un album.

La realizzazione effettiva di una tanto attesa “democrazia musicale”, che ha reso l’intera Italia consapevole del fatto che il rap non è un’avanguardia culturale effimera, ma un genere duraturo nel tempo. Al turning point su cui ci ha spinti Spotify, svolta il modo di ascoltare. Cambiato almeno quanto il modo di essere e di fare per gli artisti. Perché se da una parte la piattaforma leader nel mercato musicale ha concesso ampi spazi di meritocrazia, per la moltitudine di riconoscimenti possibili ai brani più ascoltati, dall’altra ha dotato l’ascoltatore medio, meno informato, dell’opportunità di crearsi una cultura anche al di fuori della musica italiana.

2Chainz, rapper statunitense dell’eastside

Perché se prima solo il più consumatore navigato riusciva, nel mare dell’hip hop, a cogliere citazioni, flow copiati e modi di fare esterni, ora anche il neofita del rap italiano può captare se l’artista italiano in questione è genuino, oppure la copia spudorata di un cantante d’oltreoceano.

Egreen in una foto scattata da Sha Ribeiro

Un fattore che porterebbe la perdita di credibilità per decine di artisti, minori e non, della scena italiana. Ma la dimensione dello streaming può anche essere il trampolino di lancio per artisti, new entry e non, sconosciuti al di fuori del web o dell’underground. Un esempio può esserlo Egreen, colonna portante dell’underground italiano. Poco conosciuto però dal pubblico del mainstream hip hop, ultimamente ha visto allargarsi la fan base proprio grazie Spotify.

Questo inglobamento nel mondo del pallino verde solcato da tre onde sonore, che avviene per inerzia, porta nuovi artisti nelle cuffie degli italiani. Aumentando caratura e potenziale della scena hip hop del Bel Paese. Non a caso bisognerebbe ringraziare gli svedesi. Avversari calcistici odiati, ma degni di lode per l’ invenzione del colosso dello streaming.

 

 

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