Think tank, le fabbriche delle idee. Ascolta il prof. Alberto Mingardi, ospite di Zizzania

Ruota tutto attorno alla forza delle idee. Se ne accorsero, oltre un secolo fa, gli Stati Uniti d’America, che con più felici esperimenti consegnarono alla storia delle creature capaci di “fabbricarne”, di idee. Nacquero allora dei veri e propri serbatoi di pensiero, detti appunto think tank, centri di ricerca indipendenti attivi per elaborare, promuovere, divulgare idee allo scopo di influenzare direttamente la politica, il mercato, l’opinione pubblica.
Ed un modello, quello oggi straordinariamente influente nel mondo anglosassone, che è esploso negli anni ’90, abbattendo la soglia dei 7mila istituti attivi in tutto il mondo.

Zizzania ha dunque dedicato una puntata (giù il podcast da ascoltare) a spiegare i think tank, con lo speciale contributo del prof. Alberto Mingardi.
Docente di storia delle dottrine politiche ed PhD dell’Università IULM, lo studioso milanese è anche direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, il think tank più attivo tra quelli italiani secondo gli indici di valutazione del Global Go To Think Tank Index Report 2018.

Ma non mancano le curiosità ed un po’ di sana Zizzania nell’intervista fiume di Achille Cignani ed Enzo Cartaregia. Un “viaggio nei fatti, con occhi inconsueti” utile per farsi un’idea di istituzioni così decisive e di un fenomeno, quello del mercato di idee accountable, tanto sconosciuto in Italia quanto cruciale nel mondo. Di cui il prof. Mingardi ha regalato un interessante ritratto agli ascoltatori di Radio IULM.

Zizzania, puntata del 23 marzo.
Tutti i podcast sono disponibili cliccando QUI

Il testo è un estratto parziale dell’intervista al prof. Alberto Mingardi, da riascoltare integralmente al link: https://radioiulm.it/album/zizzania

Prof. Mingardi, l’abbiamo attesa in studio titolando “la forza delle idee”. Lo trova adeguato, per parlare di Think Tank?
I Think Tank esistono perché in molti siamo convinti di una cosa: che debba esistere una sorta di cinghia tra il mondo delle idee e quello delle scelte politiche. Un ponte, insomma. Come questo ponte venga costruito ovviamente non lo sa nessuno. Ognuno sceglie metodi differenti, ma l’intuizione di fondo è che una relazione tra le idee e i fatti politici esista eccome. Uno degli obiettivi di queste organizzazioni è dunque cercare di influenzare il mondo politico attraverso l’elaborazione di idee, rese più “solide” da ricerche e studi.

Si può dire che i think tank dominino il mercato delle idee, della scienza politica e dell’informazione certificata ?

Dominano forse è un po’ eccessivo, per la natura stessa di questi istituti. Si occupano di produrre cose da leggere, per gran parte del loro tempo. Il numero delle persone che viene “toccato” dalla loro attività è davvero limitato. La differenza sta nella realtà delle società civile e dai partiti politici. Infatti un esempio chiaro sono gli Stati Uniti, dove i partiti sono entità molto leggere, che si materializzano alla prima occasione di voto. Per questa ragione, le idee provengono da fuori. 

Marcando la differenza tra i think tank statunitensi e quelli europei, crede che influiscano le differenze di architettura istituzionale, molto più bizantina nel nostro continente? 

Non sottovaluterei il peso dell’istituzione e della burocrazia americana. La capitale dei Think Tank è Washington, che dal punto di vista delle scelte sociali è divenuta uno dei grandi centri di irradiamento delle idee nel mondo. Non c’è nessun altro luogo in cui un’idea che influenzi il contesto politico possa avere un effetto così rilevante come nella capitale degli Stati Uniti d’America. E’ però una differenza di sistema politico. Tant’è che il Paese europeo nel quale questi organismi sono più presenti è il Regno Unito, grazie alla permeabilità del sistema bipartitico di cui gode. 

Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni

In un incontro ospitato dall’Istituto Bruno Leoni, qui a Milano, si è parlato tanto di come i TT siano dei corpi intermedi che devono cercare di non risultare troppo accademici o ascendere ad una posizione simile a quella di un partito politico. Come lo si fa?
E’ molto complicato, soprattutto in questo momento. Per spiegarlo, farò un esempio su quello che è stato uno dei think tank più influenti della storia europea: l’Institute of Economic Affaires, fondato a metà degli anni ’50, con 2 sole risorse, ma di elevata qualità.

Per un ventennio, questi ricercatori hanno continuato a produrre “ricette” controcorrente, contro tutto e tutti. Il caso ha voluto che individualmente una semplice deputata, Margaret Tatcher, divenne primo ministro ed applicò le idee elaborate da questo istituto. Lo ha voluto la casualità, ma molto conta il contesto culturale. Infatti i think tank organizzavano delle “colazioni” con i giornalisti economici che contavano in Inghilterra e che in edicola portavano notizia della loro attività. Oggi è molto più difficile raggiungere il pubblico. E non gioca a nostro favore un contesto in cui la maggior parte della gente è abituata a non spingersi oltre i 140 caratteri di Twitter.

 

Il contatore del debito pubblico posizionato dall’IBL nella stazione centrale di Milano

L’Istituto Bruno Leoni, che dirige, sta avendo vita felice in termini di profondità della propria influenza?
Ritengo che un’attività di questo tipo abbia un “senso” solo se permane per un lungo periodo, specialmente in un Paese come l’Italia. Il claim dell’IBL è “idee per il libero mercato”: posizioni che definire di estrema minoranza è un eufemismo. Dal 2004 l’IBL organizza seminari, pubblica libri, regala delle prime lezioni di economia alle scuole superiori, elabora proposte e sensibilizza il cittadino attento. Un esempio concreto è il contatore del debito pubblico da noi applicato nelle stazioni di Roma termini e Milano Centrale, con lo slogan #ognipromessaèdebito.

Sono molto contento che l’Istituto nei suoi 14 anni abbia dato spazio a brillanti economisti, che oltre ad aver contribuito hanno poi raggiunto anche traguardi personali invidiabili. L’IBL ha combatte da solo contro idee e pensieri che remano in senso opposto. La liberalizzazione del mercato elettrico è nata di fatto sui nostri paper. Il dibattito sulla flat tax, per quanto sia stato “portato a fragole” da questo o quell’esponente politico, è stato sostenuto a pieno titolo da una proposta elaborata da nostri ricercatori, guidati dal prof. Nicola Rossi. La sfida per un think tank, però, resta sempre quella di ottenere risultati sul lungo periodo. Il miracolo che il decisore pubblico attinga a piene mani all’opera di un think tank ogni tanto accade. 

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