A cinquant’anni dalla morte di Ernesto Guevara, la Fabbrica del Vapore sorprende Milano con una mostra di grande impatto che ci porta dentro il mito del Che.
E ricostruisce, con l’istallazione dedicata all’argentino diventato icona, non solo la storia del rivoluzionario, ma anche la sua vita personale, i suoi affetti e turbamenti, grazie all’inedito materiale d’archivio del Centro Studi Che Guevara di L’Avana.
Oltre mille documenti — tra cui lettere, diari, foto private, poesie dedicate alla moglie Aleida e video d’epoca — sono stati allora riutilizzati per raccontare il percorso del Che, che si è sempre posto domande sul perché delle ingiustizie attorno a lui scegliendo di re-agire in prima persona.
Il punto di partenza di Che Guevara. Tù y Todos diventa così un percorso di stampo geo-politico. Viene impiegato un muro per raccontare la storia di Cuba. Su questo sono appuntati i suoi avvenimenti chiave partendo dall’arrivo di Colombo e le prime deportazioni di schiavi africani, per arrivare al ’53, con la sospensione delle garanzie costituzionali da parte di Fulgenico Batista.
Accanto alla parte “hardware” del materiale d’archivio, la mostra offre esperienze digitali ed interattive. La vera sfida, infatti, è quella che deve essere affrontata dal visitatore. Invitato, infatti, a superare una linea gialla, di fronte ad una parete di fasce mobili che, all’avvicinarsi del visitatore, sono lambite da fiamme digitali, scoprendo un altro mondo caratterizzato dall’inesistenza di libertà: l’incubo del rivoluzionario. Inizia aldilà del muro un viaggio straordinario, quello dell’uomo che oggi conosciamo come il Che.
La mostra non è solo un’esperienza visiva, ma anche sonora. Infatti, non appena si varca la linea gialla, si è catapultati all’interno di uno spazio anche sonoro grazie a pezzi originali composti da Andrea Guerra. Questa colonna sonora ci accompagna alla scoperta della vita di Che Guevara, ma soprattutto ad intravedere il lato umano dietro il mito. Molte sono le pagine estrapolate dai suoi diari personali, disponibili ai visitatori non solo in forma cartacea, ma anche su grandi schermate interattive, dove il vero pilota della storia diventa il fruitore dell’esperienza. Da questo livello narrativo emergono i veri dubbi che si poneva il Che, dal bisogno di una lotta contro l’ingiustizia sociale ad una vita più sicura.
Non mancano nemmeno i grandi discorsi pronunciati dal marxista rivoluzionario. Grazie a delle apposite cuffie, infatti, gli spettatori hanno modo di ascoltare questi materiali inediti in lingua originale. Molti di questi sono accompagnati da album fotografici con delle rare fotografie. “Il giovane comunista – afferma ad esempio nel discorso per il secondo anniversario dell’istituzione delle organizzazioni della gioventù cubana – deve essere soprattutto umano, tantk da rasentare la perfezione; deve purificarsi con il lavoro, lo studio, l’esercizio continuo della solidarietà con il popolo e con tutti i popoli del mondo […]. E se ci dicessero che siamo dei romantici, […] che stiamo pensando cose impossibili […], noi dobbiamo rispondere mille volte di sì, che si può, che abbiamo ragione, che tutto il popolo può progredire”.
La mostra si espande poi su di un terzo livello con dei ritratti fotografici di Che Guevara stampati su grandi tele. L’esibizione si conclude con un’installazione realizzata appositamente da Michael Murphy, pioniere della Perceptual Art, “Il Volto di Che Guevara”, e un murales creato dal cileno Victor Castillo in cui i temi cari al Che vengono affrontati con lo stile “pop surrealista” dell’artista.
Non è pertanto la mostra che ci racconta la vita del Che, ma il protagonista stesso, con parole come queste, lasciate ai genitori in una lettera del 6 luglio 1956: “Qualche tempo fa, […] un giovane leader cubano mi ha invitato a entrare nel suo movimento, un movimento che era di liberazione armata nella sua terra, e io, naturalmente, ho accettato. […] Il mio futuro è legato alla rivoluzione cubana. O vinco con loro o muoio”.
Alara Aydin