Vita di Pi, l’incontrastabile forza della natura. L’impressionismo torna al cinema?

La forza della natura irrompe anche negli studi di Radio IULM. Se ne parla a Flanerie (QUI il podcast della puntata da riascoltare) naturalmente attraverso il filtro delle arti. E più in particolare del cinema, con un old but gold uscito nel 2012.

La natura può allestire spettacoli straordinari. Il palcoscenico è immenso, le luci strabilianti. Le comparse infinite ed il budget per gli effetti speciali probabilmente illimitato.
Pi è greco come la razionalità della scienza, ma anche simbolo di trascendenza. E Pi Patel, protagonista del film La vita di P, segna l’approdo al 3D del pluripremiato regista Ang Lee. Intanto, terza dimensione a parte, il ragazzo protagonista incarna la curiosità intellettuale di chi non si accontenta della morale comune, o più convintamente di un giudice arbitrario del bene e del male.

Nonostante ci sia il padre, di mezzo. In cerca di un continuo flusso di risposte, destinate ad arrivare percorrendo sentieri oscuri, si muove sulla pellicola in compagnia di Richard Parker, una tigre del Bengala il cui occhio cela più di un segreto sul destino che unirà uomo e felino, nella più surreale delle simbiosi.

Metafora dell’esistente o esempio di storytelling che aiuta a spiegare verità quasi impossibili da razionalizzare, Vita di Pi sembra dunque appropriarsi di tutto quel che si esige da un romanzo popolare. Tenero e crudele allo stesso tempo, nell’epoca di uno scetticismo cosmico presente anche sul grande schermo.

E questa ambizione traspare già su carta, dal testo della trama. Il diciassettenne indiano Piscine Molitor Patel, detto Pi, vive a Pondicherry con la sua famiglia, proprietaria di uno zoo. Cresce studiando animali e religioni. A causa di crescenti difficoltà economiche il padre di Pi decide di trasferirsi con famiglia e animali in Canada, dove potrà vendere quest’ultimi e cercare un nuovo lavoro.

Durante il lungo viaggio verso l’America una terribile tempesta fa affondare il mercantile giapponese su cui gli avventurieri protagonisti si erano imbarcati. Pi, unico superstite, riesce a salire su una lancia di salvataggio, ma non è solo: insieme a lui trovano a combattere per la salvezza una iena, un orango e una zebra. Ben presto il già precario equilibrio si spezza, quando la iena aggredisce ed uccide la zebra. E dopo un’accesa lotta strappa anche la vita dell’orango, unico ‘amico’ di Pi.

Improvvisamente dalla custoria della lancia spunta fuori la tigre Richard Parker, che divora la iena. Pi cerca rifugio su una piccola zattera legata alla lancia, dove tenta di mangiare e dormire. Comprendendo che non può rischiare di perdere la vita a causa della tigre ogniqualvolta cerchi di prendere provviste sulla lancia, Pi inizia dunque, poco alla volta, a prendere confidenza col felino. Riesce ad ammansirla, la tigre, nutrendola con pesce e dissetandola con acqua piovana. Che gli valgono la sua fiducia.

Dopo un’altra tempesta, la piccola barca approda su un’isola abitata esclusivamente da suricati. Questa nasconde però un segreto: di notte, a causa di una misteriosa reazione chimica, ogni cosa diviene tossica. I suricati sono costretti a rifugiarsi sugli alberi e la tigre si nasconde sulla scialuppa. Pi si accorge di quanto quel luogo fosse pericoloso, ritrovando un dente umano nella bocca di una pianta carnivora. Non può però rimanere sull’isola: fatta incetta di provviste, riparte con la scialuppa e la sua fedele compagnia. 227 giorni di navigazione lo separano dal Messico, dove le strade di Pi e Richard si dividono.

Tra un colpo di scena e l’altro, l’opera non è dopotutto così lontana dall’Impressionismo. Sovrana, adesso come allora, emerge la natura. Vita di Pi diventa insomma un nuovo pensiero in bilico fra le durezze materialistiche dell’Illuminismo e la ribellione titanica dell’uomo romantico. Dove la nascita di quella corrente artistica è nella violenza di uno scontro tellurico e nella flagellante potenza di fuochi e acque, mossi contro l’uomo. Che, nella vita di P, torna di fronte la natura, a cercare un confronto. Poco importa, se è avversa o favorevole.

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