Due penne, un’unica passione: raccontare il crimine. Curiosità, punti di vista, indiscrezioni sul prossimo libro dalla masterclass (e dalle parole) dei due scrittori, insieme all’Università IULM nel Noir in Festival 2017
Lo scrittore di noir è allo stesso tempo un investigatore. Cerca indizi, si documenta, indaga, come solo un vero detective sarebbe in grado di fare. E ne sono pienamente consapevoli, probabilmente anche orgogliosi Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi.
Presenti al Noir in Festival, all’Università IULM, presentano come un duo seppure si delineano come due figure assai diverse. Ma che si trovano, per certi versi, ma differenti strade, sulla stessa lunghezza d’onda.
Carlo Lucarelli, nella coppia, ricopre principalmente la figura dello scrittore ed ideatore. All’opposto, Massimo Picozzi raffigura l’analista, il criminologo: colui che insomma fornisce l’opinione scientifica. E garante, nella maggioranza dei casi, della verosimiglianza dei fatti romanzeschi in relazione alla realtà.
Tuttavia, seppur entrambi scrittori di fama, non lo sono di certo nati. A dire il vero, Lucarelli scrive fin già da giovane – risale al 1990 il suo romanzo d’esordio, Carta Bianca -, ma è anche sceneggiatore, conduttore televisivo, autore e giornalista. Tra i tanti progetti televisivi ricordiamo Blu notte-Misteri italiani, L’ispettore Coliandro, Il commissario De Luca.
Massimo Picozzi nasce invece come psichiatra – presto svelato, dunque, l’arcano sulla competenza in campo scientifico -. E lo è tutt’ora, ma con una particolare propensione verso l’inchiesta e l’investigazione, avendo operato e operando in casi di cronaca nera nazionale.
Se quella verso l’inchiesta è allora una propensione, quello nei confronti della scrittura non può che essere un bisogno.“Scrivere – ha precisato – mi permette di creare all’interno della storia, un’etica, che normalmente nella vita reale non esiste e ci rende tutti schiavi del sistema”. Tant’è.
Apparentemente potrebbe quindi sembrare una semplice collaborazione tra romanzieri. In realtà l’unione di queste virtù ha dato i natali ad una “entità inquietante”, che in quindici anni ha collezionato già sei capolavori. Non a caso la critica parla già di Best Sellers, quando ha a che fare con Serial Killer, Scena del Crimine, Tracce Criminali, La nera, Il Genio criminale e Sex Crimes.
Ma l’ultima creazione è attesa l’anno prossimo. Prossimo lavoro, quello atteso, di cui il gatto e la volpe del noir italiano hanno spifferato qualcosa proprio durante il loro intervento al Noir in Festival 2017. Evento, quello della narrazione del buio, del grottesco e di altri mondi, oscuri e non protagonisti della kermesse che da qualche anno a questa parte si tiene a Como e Milano. Naturalmente ospite dell’Università IULM.
Per i suoi studenti ecco allora le indiscrezioni regalate da Picozzi e Lucarelli. Naturalmente in coppia. Come da veri gatto e la volpe del noir italiano.
Qualche indizio sul vostro prossimo libro? Tratterete qualche tema in particolare?
Picozzi: É un libro che ci sta appassionando molto e sarà incentrato sull’odio e su tutti i crimini collegati ad esso, mostrando tutte le forme possibili di malevolenza. A partire dall’odio di genere contro le donne, contro gli uomini, per finire con quello di razza o provocato da una diversa ideologia. Sentirci mentre conversiamo al telefono di tali argomenti è preoccupante.
Lucarelli: La scelta del tema nasce dal periodo in cui viviamo, dove parlare di odio e crimini legati all’odio è di un’urgenza essenziale. I nostri libri sono sempre stati composti con una mission ben precisa, al dì là della storia, e cioè denunciare o raccontare qualcosa che in pochi osano trattare.
A proposito della vostra longeva “partnership”, siete debitori l’un l’altro in qualcosa?
Lucarelli: Me lo sono chiesto anch’io, ma partiamo dalla storia. Quando lavorai con Massimo per il primo libro, Serial Killer, lo conoscevo indirettamente come criminologo, e nutrivo nei suoi confronti lo stesso pregiudizio che hanno gli scrittori puri, che sono solo un gradino sotto i poeti nella scala letteraria della presunzione, di considerare “scrittore” solo chi effettivamente lo fa per mestiere e stimare poco chi lo fa ogni tanto. Ciò nonostante, quando lessi i primi scritti di Massimo, cambiai totalmente idea: capii di avere a che fare con uno scrittore che faceva il criminologo. E lo dimostra il suo ultimo libro “Mente Criminale”, che parla sì di fatti ma raccontati con una chiave narrativa formidabile. Da lui ho appreso un sacco di cose, tra cui il metodo di scandagliare la mente dell’assassino ed arrivare a immaginare e capire cosa passa per la mente del colpevole.
Picozzi: Carlo esagera con i complimenti sulla scrittura quando dice così, sono io che sono andato a bottega da lui. Chi può vantare di poter essere andato, a gratis, per 15 anni “a scuola da”, quello sono io, per questo gli sono riconoscente. Io nasco come psichiatra ospedaliero, solo più tardi ho approcciato la criminologia e dunque la scrittura.
Chi come voi racconta o filma la parte criminale, la parte oscura del nostro mondo, si presume che sappia a cosa stai andando in contro
Picozzi: L’interrogativo che sorge spontaneo è periodicamente lo stesso: oddio, e se qualcuno lo interpreta in maniera sbagliata? L’unico metodo, a mio avviso, per uscirne è fare attenzione a ciò che uno scrive, è mettersi nei panni di chi potrebbe leggerlo, mettendo in scena le ragioni di tutti. Penso sia un sogno per tantissimi scrittori vedere la propria opera riproposta sotto forma di film o serie tv.
E’ d’accordo con Picozzi? Che cosa si prova e quali sono poi le difficoltà o i compromessi da affrontare?
Lucarelli: Vedere le proprie cose in televisione è molto soddisfacente, se fatte bene chiaramente. Da questo punto di vista mi reputo fortunato: sia per l’ispettore Coliandro che per Il commissario De Luca o altri film tratti da miei libri/sceneggiature, sono stati fatti con cura e mi piacciono molto. Ma è complicato. Alle volte la televisione è ancora un po’ indietro con il modo di pensare, ma capiscono anche in fretta che alcune novità possono essere interessanti e, quando questo succede, è bellissimo!
Ma Lucarelli, restiamo un attimo da soli: l’istinto che solleticate nei lettori è quello della paura. Come fate a generare il brivido provato dai lettori attraverso il racconto di una storia ?
La paura c’è quando esiste il mistero, irrisolto, che ci coinvolge emotivamente, in particolare quando genera inquietudine. Poi può essere sfruttata in diversi modi: come un puro effetto speciale oppure la puoi utilizzare per portare il lettore, che è in sospensione così come lo sei tu che stai scrivendo, a porsi mille interrogativi creando suspense. Io rivaluterei la paura come una forma di conoscenza, in quanto se tu hai paura di qualcosa, prima o poi andrai a cercare, indagare o guardare.
Ha qualche consiglio di scrittura inerente al genere noir?
I consigli di scrittura per scrivere un noir sono sempre gli stessi: ovviamente leggere, scrivere e non aver paura di farsi leggere, anzi usarlo come punto di forza. Creare un noir significa anche avere competenza della storia che si vuole raccontare, lo studio dell’argomento attorno al quale si vuole far roteare il racconto è essenziale alla stesura. Poi, in fin dei conti, il modo per raccontare il noir è sempre quello: non raccontare tutto subito.
Vago, enigmicamente conciso. Da bravo “chef ”del romanzo giallo, prima ancora che noir, Lucarelli si tiene stretta la sua ricetta segreta per sfornare best seller. Ammesso che ne esista una.
D’altronde, ogni scrittore ha il suo perché e trae ispirazione anche soltanto dall’aria che respira, o da ciò che gli passa per la mente in un particolare momento della giornata.
C’è chi lo diventa per passione, bisogno o necessità, come Picozzi.
C’è invece chi scrittore ci nasce, per vocazione. E si accorge di esserlo solo a 12 anni, come Lucarelli.
Lui che si emozionava scrivendo storielle, per poi nasconderle segretamente. Temeva il giudizio della madre, allora. Non c’è alcun dubbio, invece, su quello dei lettori. Sempre purchè siano pronti a tuffarsi nelle tenebre del noir.